Vai al contenuto

Egregio signor Ministro,

Il 30 gennaio di quest’anno Lei ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera in cui, tra l’altro, ha affermato che l’Europa non deve chiudere le porte ai russi e percepire il popolo russo come un nemico. “Non ho mai condiviso chiusure verso gli artisti, gli sportivi, la popolazione civile. Dobbiamo lasciare dei canali di dialogo aperti” – ha detto. E ha aggiunto: “Perché negare i visti ai cittadini russi? Sarebbe meglio che le persone venissero in Europa anche per ascoltare una voce diversa”.

Concordiamo di rado con le Sue dichiarazioni e azioni soprattutto per quanto riguarda la fornitura di armi italiane all’Ucraina, ma credo che quasi tutti i cittadini russi sottoscriverebbero senza esitazione queste parole. E lo stesso farebbero, suppongo, anche in Italia. Ma in che misura tali parole corrispondono alla realtà? Esaminiamo i fatti concreti. Chi è che sta riducendo le opportunità di contatto e di dialogo tra i popoli dei nostri paesi?

La Russia, fondamentalmente per iniziativa del precedente governo italiano, è stata privata dell’accesso a 300 miliardi di dollari delle proprie riserve valutarie. Ora si discute della possibilità di uno scippo definitivo. E stiamo parlando dei soldi dei contribuenti russi.

L’Italia continua a sequestrare immobili, proprietà e altri beni di uomini d’affari russi dichiarati “oligarchi”. Su questa base, giuridicamente traballante, viene discriminata un’intera categoria di cittadini del nostro Paese che ha investito i propri capitali nello sviluppo dell’Italia.

Con pretesti inverosimili e con la scusa della “solidarietà”, sono stati ingiustificatamente espulsi dall’Italia 30 dipendenti dell’ambasciata russa a Roma (con i familiari: 72 in totale), persone che tanto si erano adoperate per sviluppare e rafforzare le relazioni bilaterali. Tra questi, anche coloro che, nel periodo più difficile della pandemia di coronavirus, hanno contribuito a organizzare l’operazione militare-umanitaria russa svoltasi in Italia nel marzo-maggio 2020 per aiutare le popolazioni colpite del Paese amico. In segno di “gratitudine”, l’Italia ha riconosciuto ai nostri diplomatici lo status di “persona non grata”.

Su impulso degli allora vertici del Ministero degli Esteri italiano, membri di spicco della società civile russa sono stati privati dei riconoscimenti statali italiani. Molti di loro erano stati premiati, tra l’altro, per la loro assistenza disinteressata nella ricostruzione della città dell’Aquila, colpita da un devastante terremoto nel 2009.

Su iniziativa della parte italiana, sono stati interrotti i collegamenti aerei diretti tra i nostri Paesi, riducendo così al minimo il turismo russo in Italia. I nostri connazionali che riescono a raggiungere il Belpaese devono affrontare complicate procedure di rilascio dei visti, il cui costo è più che raddoppiato, e una volta in Italia si scontrano con il rifiuto, da parte di alcune aziende, di vendere loro merci per un valore superiore ai 300 euro.

Il reale atteggiamento nei confronti degli esponenti del mondo culturale russo risulta evidente dai casi di annullamento delle esibizioni in Italia del direttore d’orchestra di fama mondiale V.Gergiev, della pianista V.Lisitza o del ballerino S.Polunin, annullamento determinato unicamente dalla loro posizione politica. L’atteggiamento nei confronti dei contatti nel campo dello sport è illustrato in modo eloquente dal rifiuto delle autorità italiane, nel marzo 2022, di consentire l’organizzazione di un volo umanitario per trasportare una squadra di atleti paralimpici russi con disabilità, bloccati dalla chiusura dello spazio aereo.

Servizi bancari rifiutati senza motivo, chiusure forzate di conti correnti e altre restrizioni discriminatorie legate al possesso di passaporto russo o semplicemente all’indicazione sui documenti della Russia come luogo di nascita, sono diventati un fenomeno comune nella vita dei nostri connazionali presenti in Italia.

E questo non è assolutamente un elenco esaustivo dei passi compiuti dall’anno scorso da parte italiana per impedire unilateralmente i contatti, distruggere i canali di dialogo bilaterale attivi in precedenza. E qui, signor Ministro, sono sicuro che troverebbe molto difficile citare una qualsiasi iniziativa adottata nella stessa direzione da parte russa.

In Russia siamo abituati a giudicare in base ai fatti piuttosto che alle parole. E i fatti sono molto lontani dalle Sue parole, alla cui sincerità, pur volendolo, è difficile credere.

Rispettosamente,

S. Razov

Nel vertice di ieri ad Astana, Putin, anche questa volta, è riuscito a stupire il mondo.

L’occidente ultimamente tende a rappresentarlo come continuamente all’angolo, politicamente e fisicamente, ma non è  così.

Infatti, la proposta fatta ad Erdogan, di trasformare la Turchia nel più grande Hub del gas nel Mediterraneo, è veramente geniale perché consentirà:

  • Alla Russia di reindirizzare gli oltre 100 miliardi di metri²/anno di metano non più utilizzabili dalla Germania a seguito della distruzione dei gasdotti Nord Stream 1&2;
  • Alla Turchia, Paese NATO, ma non per questo ostile a Mosca, di ottenere metano a basissimo costo per le proprie industrie e per le proprie abitazioni;
  • Alla Gazprom di incassare favolosi utili;
  • Ad Istanbul di poter rivendere ai Paesi UE, al prezzo che riterrà più opportuno, tutto il gas che vuole, saltando così, a piè pari, le sanzioni.

Non a caso la regione scelta per questo stoccaggio è la Tracia, cioè, la propaggine balcanica e quindi europea, della Turchia.

Qui il gas, nonostante debba attraversare  il Mar Nero per circa 800km, impiegherà veramente pochissimo tempo ad arrivare, dalla città russa di Anapa.

Infatti la linea è già esistente, è la famosa TurkStream, il gasdotto che, a partire dal 2014, prese il posto del “South Stream” allorquando, gli Stati Uniti, fecero, tanto per cambiare, delle enormi pressioni sul Governo Bulgaro affinché si ritirasse dal progetto … e così fu.

Oggi, però, questo tracciato taglia fuori tutti questi interlocutori deboli, lasciando sul campo solo la Turchia, Paese fondamentale per Washington, specie in chiave di contenimento sia dell’Iran che della Russia, nonché tassello fondamentale nei delicati equilibri in Medio Oriente tra Israele, Siria ed Arabia Saudita.

Ergo, per la Casa Bianca, irritare Ankara sarebbe un gravissimo errore e ciò che viene concesso oggi ad Erdogan è, né più e nemmeno, quello che fu concesso all’Italia, in politica estera, durante la Prima Repubblica.

Ora sta a noi, se fossimo più furbi ed accorti, cogliere la palla al balzo per perseguire l’esclusivo Interesse Nazionale.

Le guerre infatti passano e con esse anche le sanzioni, ma i danni che stiamo creando alla nostra economia, perseguendo un pervicace piano di affrancamento dalle risorse russe, sono incalcolabili ed irreparabili.

A tal riguardo è da tener presente che qualora, la Turchia, non possa lucrare su eventuali forniture di gas al blocco occidentale, si ritroverà ad avere, sul proprio territorio, un costo dell’energia immensamente competitivo favorendo così, la delocalizzazione di molte imprese europee, dal vecchio continente alla Penisola Anatolica, cosa che, tra l’altro, sta già avvenendo.

Le previsioni di recessione per il nostro Paese e per la Germania, poi, non fanno presagire nulla di buono.

Sarebbe, dunque, buona cosa abbandonare immediatamente le sanzioni e allungare il TurkStream fin sulle coste italiane, come, d’altronde, era già stato preventivato nel precedente progetto del South Stream.

Con ciò non vogliamo minimamente sostenere la dipendenza energetica dell’Italia verso una determinata potenza straniera: l’autonomia energetica, infatti, è senz’altro il principio base per uno sviluppo concreto e sostenibile di qualsiasi comunità; ma siamo altresì convinti che l’autonomia si raggiunga solo attraverso una minuziosa pianificazione accompagnata dalla realizzazione di tutta una serie di infrastrutture che, obtorto collo, necessiteranno di anni per essere, prima, progettate, poi, cauterizzate ed infine, riconsegnate alla collettività.

Nel mentre tutto ciò accadrà, ahimè, il Paese sarà già morto e questo, noi, francamente non possiamo permetterlo.

Dunque, dipende esclusivamente da noi, decidere, se questo hub turco sia la nostra pietra tombale o il punto di rilancio della nostra economia.

 

1

L’Associazione degli italiani amici della Russia esprime tutta la propria solidarietà al filosofo Alexandr Dugin per il vile attentato subito che gli ha sottratto, per sempre, l’amata figlia Darya.

Tale atto terroristico è ancor più grave di quel che sembra perché mirava all’eliminazione fisica dello stesso professore russo ritenuto uno degli ispiratori del putinismo.

In altri termini, in certi ambienti, si è iniziato a pianificare non solo l’emarginazione della cultura russa ma anche l’uccisione di coloro i quali hanno idee difformi rispetto al pensiero unico globalista.

Tutto ciò è deprecabile perché siamo nel pieno di una guerra e la comunità internazionale di tutto ha bisogno tranne che di atti terroristici che alimentino lo scontro.

È altresì deplorevole il silenzio assordante da parte di tutte le cancellerie occidentali che in altre occasioni e verso soggetti di diverso orientamento politico avrebbero certamente sollevato polveroni mediatici di dimensioni galattiche, mentre, in questo caso, ribadiamolo, sembra che le vite umane non abbiano lo stesso valore.

il Presidente

Il 12 Giugno, come ogni anno, è la Festa Nazionale della Federazione Russa.

Prima del conflitto in Ucraina e prima della Pandemia, era usanza dell'Ambasciata Russa in Italia tenere un grande ricevimento, presso Villa Abameleck, per festeggiare questa importante ricorrenza.

A tale manifestazione erano puntualmente invitati anche gli italiani: imprenditori, politici, artisti, militari, associazioni, la crem della crem del nostro Paese insomma, e ciò avveniva per fortificare e confermare l'amicizia che legava i nostri due popoli.

Oggi, grazie alla miopia politica di molti e ad una terribile tempesta "russofobica" ancora in atto, ciò non è più possibile ...

Essendo oggi, casualmente, anche la Festa della Santissima Trinità, ci affidiamo al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo, acciocché vogliano illuminare le menti ed i cuori di chi detiene i destini del mondo,  affinché, a trionfare, siano la pace e la concordia e non la guerra e la divisione.

 

 

A tre mesi dal quel fatidico 24 febbraio una cosa possiamo dircela in tutta franchezza: questa guerra l’Occidente l’ha persa!

L’ha perduta nella misura in cui, gli Stati Uniti, e con essi i loro sodali, pur proclamando il prosieguo delle ostilità fino alla vittoria finale dell’Ucraina, devono registrare:

  • L’impossibilità del “Regime Change”;
  • Il fallimento totale delle sanzioni comminate alla Russia, attraverso le quali, benché siano arrivate a n°6 e in corso di “stampa” la n°7, il Cremlino non solo non è andato in default (come invece pomposamente pronosticato 2 mesi or sono dall’amministrazione Biden) ma ha visto:
    • Le proprie riserve di valuta estera (Dollari ed Euro) triplicare;
    • I Paesi NATO annaspare nella ricerca spasmodica di risorse energetiche e alimentari (granaglie) alternative a quelle russe;
  • Il Crack degli aiuti militari ed economici a Kiev che, al netto dei 40 miliardi di dollari stanziati, deve riconoscere:
    • Una lenta ma inesorabile avanzata dell’armata Rossa sul territorio ucraino che, di questo passo, ben presto si vedrà certamente precludere l’accesso al mare e quindi ai porti da dove esporta le proprie granaglie;
    • L’annientamento totale, in quel di Mariupol, dei reparti speciali ucraini, addestrati ed armati dagli occidentali;
    • La morte di più di 10 mila militari ucraini;
  • La renitenza di importanti alleati come la Turchia, la quale, non solo non ha comminato sanzioni a Mosca, ma si è resa colpevole, agli occhi di Washington, di:
    • Intavolare delle trattative per trovare una soluzione pacifica al conflitto;
    • Sbarrare la strada all’ingresso nella NATO di Svezia e Finlandia.

Di contro, Putin, ha potuto constatare:

  • Il consenso ancora, pressoché, plebiscitario nel proprio Paese;
  • La solida amicizia dei Paesi BRIC e per nostra sciagura della CINA in particolar modo;
  • La propria forte influenza in Africa e in Sud America;
  • Le divisioni reali, al di là dei proclami, all’interno dell’UE;
  • La certezza di raggiungere, tramite il tempo, tutti gli obiettivi che si era prefissato in Ucraina.

Guardando invece in casa nostra non possiamo non segnalare il fatto che i Pescatori italiani non siano usciti, per garantire il pescato fresco sulle nostre tavole, in quanto il caro carburante rende impossibile la loro attività economica e ben presto, la crisi alimentare, causata dalla scarsità delle granaglie nel Nord Africa, porterà milioni di profughi economici a riversarsi sulle coste del Bel Paese.

In un’Italia in cui, al di là delle campagne giornalistiche pro Nazione aggredita (Ucraina), la popolazione è, per la stragrande maggioranza, indifferente alle ragioni degli uni piuttosto che degli altri ed è soprattutto  stanca di questa instabilità, principalmente economica, un Ministro degli Affari Esteri, Luigi Di Maio, dopo aver improvvidamente definito, il Capo di Stato di una grande potenza estera, qual è Putin, “peggio di un animale”, cosciente delle proprie prossime esigenze elettorali, si è affrettato a presentare all’ONU un piano inattuabile di cessate il fuoco.

Proposta irricevibile che sicuramente sarebbe stata rigettata dalle parti in causa, come è infatti è accaduto, perché:

  1. Non tiene in alcun modo conto dello stato di fatto del conflitto;
  2. Non va oltre le classiche frasi e intenzioni di circostanza.

In definitiva, a nostro modo di vedere, se l’Italia vuole iniziare a smarcarsi da questa ingombrante influenza americana, la cosa più logica che possa fare, avendo contribuito oltremodo alla causa ucraina e quindi essendosi dimostrata non equidistante dalle parte, è quella di rimettere in gioco la diplomazia vaticana ed offrire il territorio italiano per un eventuale luogo dove tenere una futura conferenza di pace.

Ciò noi l’abbiamo sostenuto fin dal primo giorno di questo conflitto e in tutto questo tempo, come associazione, nel nostro piccolo, non abbiamo mai smesso di lavorarci sopra.

Va in tal senso la nostra lettera indirizzata al Presidente Putin nell’Aprile del 2022 con la quale abbiamo paventato la possibilità di utilizzare la città abruzzese di Ortona, quale luogo dove tenere questa conferenza di pace.

La scelta su questa cittadina ha una valenza altamente simbolica, dato l’appeal che ha il tema storico/simbolico nella politica russa.

Nello specifico Ortona (CH) è considerata, dalla stragrande maggioranza degli storici contemporanei, la “Piccola Stalingrado d’Italia a causa di una delle più terribili battaglie combattute, dai Tedeschi e dagli Alleati durante la “Campagna d’Italia”, nella Seconda Guerra Mondiale. Inoltre, nella cattedrale della bella città rivierasca, sono conservate, dal 1258, le “Sacre Ossa” di San Tommaso, uno dei Dodici Apostoli di Gesù. Discepolo, quest’ultimo, molto caro ed onorato non solo dai cattolici, ma anche dagli Ortodossi, siano essi Ucraini così come Russi.

Un luogo quindi non divisivo, e che potrebbe riportare alle più miti intenzioni tutti i protagonisti.

A tal riguardo riportiamo, qui di seguito, la risposta, prima in cirillico e poi in Italiano, fattaci pervenire da Mosca per tramite dell’Ambasciata della Federazione Russa in Italia, al nostro quesito:

“Признательны за Ваше предложение. Оно будет внимательно рассмотрено. Верим, что кризисы приходят и уходят, а многовековые узы дружбы между нашими народами остаются несокрушимыми и еще обязательно принесут новые прекрасные плоды”.

Le siamo grati per la Sua proposta. Verrà valutata  attentamente. Siamo fiduciosi del fatto che i periodi di crisi vanno e vengono mentre i legami di amicizia secolare fra i nostri popoli restano incrollabile e porteranno ancora dei nuovi bellissimi frutti”.

Ci riserviamo pertanto, in questi giorni, di sollevare identico quesito al Presidente Zelensky, fiduciosi che anche il Governo Ucraino voglia darci un segnale di attenzione.

 

Oggi, mentre Papa Francesco, santamente e giustamente, consacrava la Russia e l’Ucraina al cuore immacolato di Maria, Regina della Pace, in quel di Bruxelles Mario Draghi sembra aver “perso la Trebisonda” quando, secondo me in maniera superficiale, ha dichiarato la propria solidarietà, senza se e senza ma, ai giornalisti de “La Stampa” di Torino, in quanto, è il caso di sottolinearlo secondo il Premier, in Russia, a differenza che in Italia, non vi è libertà di stampa.

Bene Signor Primo Ministro, ma, per onor di cronaca Lei dovrebbe sapere che, Sua Eccellenza Razov - Ambasciatore Plenipotenziario presso la Repubblica Italiana, con l’esposto/denuncia presentato presso la Procura della Repubblica di Roma - non sta contestando la libertà di stampa in Italia, né il diritto di esprimere dei  liberi pensieri, no davvero, ciò che l’alto diplomatico russo sta contestando è un possibile reato commesso dal giornalista de “La Stampa” il quale, in maniera più o meno inconsapevole, intitolando il proprio articolo: “Guerra Ucraina-Russia: se uccidere Putin è l’unica via d’uscita” potrebbe incorrere primariamente nell’infrazione dell’art. 414 del Codice Penale, cioè si potrebbe ravvisare il reato di istigazione a commettere delitti, e secondariamente nel aver infranto l’art. 297 del Codice Penale, in quanto Putin è un Capo di Stato Estero, e, contrariamente alla vulgata, non in guerra con l’Italia, ma solo con l’Ucraina, dunque, in questo caso si potrebbe ravvisare anche il vilipendio.

Ma questo, per l’uno e l’atro articolo, non sarà Draghi, né Razov, a stabilirlo, ma la magistratura italiana.

Infatti, se il nostro sistema democratico consente la libera espressione e altresì vero che permette anche, a chi si sente leso da talune notizie, di adire le opportune osservazioni presso gli organi preposti.

Dunque, se si sta seriamente lavorando per la pace che bisogno c’è di:

  • Dimostrare solidarietà a “La Stampa” di Torino?
  • Sottolineare che in Russia non vi sia la libertà di stampa?

Forse lor Signori non sanno che la presunta superiorità culturale e morale non ha mai portato bene e noi, di questi tempi, non possiamo di certo permetterci il procrastinarsi dei combattimenti.

<< L’Italia si è imbarcata e si sta avventurando sempre di più in una crisi che non le competeva affatto, o meglio, che avrebbe dovuto gestire in modo completamente diverso >>.

Sono queste le parole lapidarie rilasciate dal Presidente dell’Associazione degli Italiani Amici della Russia, Lorenzo Valloreja, visionando il video postato dal suo amico, Nicolai Lilin, il quale ha dimostrato questa mattina, come, al di là delle sanzioni, non sia vera la vulgata secondo la quale il costo del pane, in Russia, sia arrivato alle stelle. Anzi, sempre secondo questo documento video, scopriamo che, in una delle città più care al mondo, cioè Mosca, il pane, in realtà, nel momento in cui stiamo scrivendo, costi al chilo, per le tipologie più raffinante, circa 144 rubli, cioè 1 euro, mentre il “pane comune” solo 10 centesimi di euro al kg. Quindi molto, ma molto di meno, dei 9,8 euro al chilo registrati nella città di Ferrara giorni fa da “Il Giornale”.

Il Presidente Valloreja, poi, constatando, sempre dal suddetto video, che gli scaffali moscoviti risultano essere ricchi di ogni ben di Dio ed a prezzi accessibili ha continuato dicendo: << È normale che ciò accada. La Russia non esportando più grano ha un surplus di tale risorsa e quindi vede il crollo del prezzo del pane così come quello della benzina che, allo stato attuale, risulta essere fruibile ai cittadini russi per 35 centesimi di euro al litro. Un enormità rispetto al record riscontrato nelle stazioni di servizio sull’autostrada tra Pisa e Livorno dove si sono raggiunte quali le 3 euro al litro …  È dall’inizio dell’intervento russo che ci siamo sgolati per far capire alle istituzioni italiane di non entrare a gamba tesa in questa crisi diplomatico/militare, ma, sia il Parlamento che il Governo sembrano aver perso il lume della ragione. La nostra posizione, il nostro contributo alla risoluzione del problema, doveva essere identico a quello fatto registrare dallo Stato di Israele che, con grande lungimiranza e saggezza, è stato capace di mantenersi equidistante dalle parti in causa. Oggi il Premier Bennet sta interpretando magistralmente la parte del mediatore con tutti i vantaggi politici ed economici che ne conseguiranno per il proprio Paese nella fase post bellica. Ahimè il connubio La Pira/Mattei sembra non averci insegnato nulla. Anziché stringere un alleanza diretta con Berlino, altra grande Nazione inguaiata come noi con queste sanzioni, ci siamo appiattiti sulle posizioni francesi, unico Paese europeo che meno risentirà di tutto questo caos, ed abbiamo sposato la causa dei falchi (certamente anche a causa del Trattato del Quirinale). Qualcuno, tra le file dell’intellighenzia nostrana, ama affermare che “la libertà vale più delle bollette”, certo! Ma è fuor di dubbio che ciò è valido solo ed esclusivamente se, chi lo afferma, guadagna più dei canonici 1500 euro al mese. Diversamente, tra: rate del mutuo, rate dell’auto, libri e vestiti dei figli, luce, spese alimentari, spese mediche e spese varie, credo che certamente non riescirebbe ad arrivare alla fine del mese. Ma anche qualora fossero ricchi, ma ricchi a causa del proprio lavoro manuale e non per diritto o intelletto, non credo sarebbero d’accordo con l’atteggiamento tenuto dalla nostra classe dirigenteandate a chiederlo, ad esempio, ai tanti calzaturifici marchigiani e toscani … e vedrete qual è il reale sentore del popolo italiano rispetto a questa guerra >>.

Questa mattina il Ministero della Difesa Russo, attraverso il proprio portavoce, ha annunciato:   << In conformità con dei documenti scoperti in zona d’operazione, che gli Stati Uniti avevano pianificato di effettuare in Ucraina, nel 2022, degli esperimenti sui patogeni di uccelli, pipistrelli e rettili, riguardo la possibilità di trasmissione della “peste suina africana” e dell’”ulcera siberiana”, attraverso gli uccelli migratori tra Russia, Ucraina e Paesi confinanti >>. Come ha specificato il portavoce dell’Armata Rossa, Igor Konashenkov: << i sopraddetti documenti saranno pubblicati >>.

Una notizia, questa, che, se confermata attraverso i documenti sopracitati, sarebbe di una gravità enorme e darebbe anche un senso alla decisione, da parte del Cremlino, di non usare mai la parola “guerra” per questo intervento armato in Ucraina, sostituendola sempre con la denominazione più rassicurante di “Operazione Speciale Antiterroristica”.

Ci è stata riferita inoltre da una nostra autorevole fonte << la ferma volontà della Federazione Russa di liberare l’Ucraina dalle “bande radicali” che avrebbero voluto sfruttare queste armi biologiche in chiave antirussa >>.

<< Scopo precipuo dell’intervento russo >>, ci è stato ribadito a più riprese da parte del nostro interlocutore, << è quello di portare Kiev ad un referendum popolare per scegliere nuove istituzioni che dovranno garantire la normale ripresa della vita della gente, dell’economia di quel Paese e della convivenza sicura e pacifica con la Federazione Russa >>.

Questo è quanto abbiamo appreso, e, in questi tempi di informazioni e controinformazioni concitateci rendiamo conto che non sia facile distinguere il vero dal falso, ma siamo altresì convinti che, fortunatamente per noi, il tempo sia l’unico vero galantuomo, poiché, prima o poi, la verità trionferà.

D’altronde, in una vera democrazia, il diritto all’informazione, è senz’altro uno dei beni più preziosi da tutelare. Ci siamo sentiti dunque in dovere di comunicarlo a voi, operatori dei mass media, affinché ne facciate l’utilizzo che più ritenete opportuno.

Anche perché, proprio in virtù di quanto detto sopra, diventa ancora più evidente la nostra richiesta rivolta al nostro Paese, l’Italia, affinché abbassi i toni e lavori a testa bassa per trovare una via d’uscita diplomatica da questo conflitto.