Vai al contenuto

Scarica, stampa, firma e invia il tuo sostegno!

Puoi scaricare il modulo cliccando qui 👉 [Petizione FOGLIO SEPARATO]

🖨️ ISTRUZIONI DI STAMPA

  • Il file va stampato in bianco e nero, formato A3, fronte-retro.

  • La pagina 1 e la pagina 4 devono essere sulla prima facciata.

  • La pagina 2 e la pagina 3 sulla seconda facciata.

✍️ DOVE SI FIRMA?

  • Le firme vanno apposte nelle pagine 3 e 4.

  • ⚠️ Non scrivere né compilare nulla in pagina 1.

📮 SPEDIZIONE DEL MODULO
Una volta raccolte 8 firme (completo), inserisci il modulo in una busta e spedisci tramite raccomandata postale a:

Avv. Nicolino Di Quinzio
Via Adriatica Nord, 29/B
66023 Francavilla al Mare (CH) – Italia

📌 Puoi inviare anche più moduli nella stessa busta.

📧 Per domande o chiarimenti:
✉️ postmaster@italianiamicidellarussia.it

In questo intervento, il nostro Presidente dagli studi di Notizie Oggi – Linea Sera, andata in onda il 18 aprile 2025, Lorenzo Valloreja invita a sottoscrivere la petizione per togliere le sanzioni alla Russia e riaprire ai flussi energetici da parte di Gazprom, a vantaggio delle famiglie italiane e della nostra economia.

Secondo Valloreja, uscire dall’Unione Europea non è più un tabù, poiché l’UE, compromessa dalla sua gestione della guerra in Ucraina, è diretta verso un tracollo. L’Italia dovrebbe abbandonarla prima che sia troppo tardi, così come dovrebbe uscire dalla NATO e assumere una posizione autonoma tra Stati Uniti e Russia.

🤝 Il popolo russo ha più volte dimostrato amicizia concreta verso l’Italia – dai terremoti alla pandemia – e oggi merita un atteggiamento di rispetto e collaborazione.

📣 L’Associazione degli Italiani Amici della Russia promuove una petizione cartacea per chiedere:

  1. La cancellazione delle sanzioni alla Russia;
  2. Il ripristino delle forniture di gas russo da parte di Gazprom.

📉 Alcuni dati riportati da Valloreja:

  • Dazi USA: -3 miliardi di euro per le esportazioni italiane;
  • Export verso la Russia: da 11 miliardi (2013) a soli 3 miliardi oggi;
  • Gas russo: 14,5 €/MWh (ieri) contro i 25-40 €/MWh pagati oggi ad altri Paesi.

👉Firma la petizione e falla firmare scaricando il modello,  clicca qui PETIZIONE -  FOGLIO SEPARATO

📬 Contatti e richieste informazioni:
📧 postmaster@italianiamicidellarussia.it

4

Domani sera, a partire dalle ore 20:00, il nostro Presidente, Lorenzo Valloreja, sarà ospite degli studi di Canale Italia, nella trasmissione televisiva condotta da Vincenzo Monaco "NOTIZIE OGGI - LINEA SERA". Chiaramente si parlerà anche di Russia.

Si è tenuta a Roma, presso il CENTRO RUSSO DI DI SCIENZA E CULTURA, meglio conosciuto come “Casa Russa”, la conferenza per il centenario delle associazioni di amicizia Italia – Russia.

Ad introdurre i lavori è stata la padrona di casa, la dott.sa Daria Pushkova, direttrice del sopracitato istituto che non ha mancato di ringraziare e quindi coinvolgere ancor di più, tutte le associazioni che, nonostante i momenti difficili che si stanno vivendo, hanno continuato e intendono ancora “portare avanti i rapporti di collaborazione con la Federazione Russa nel segno del rispetto e del reciproco vantaggio”.

Tanti erano in sala i rappresentanti del mondo associazionistico provenienti da diverse regioni italiane tra le quali l’Abruzzo, la Campania, l’Emilia Romagna, il Lazio, la Liguria, la Lombardia, le Marche, la Sardegna, la Toscana, l’Umbria e il Veneto. Organizzazioni che, con il loro lavoro, come ha sottolineato l’Ambasciatore della Federazione Russa in Italia, Alexey Paramonov, hanno “contribuito a sfatare la linea divisiva contrastando tutte le manifestazioni di russofobia in Italia e favorendo la normalizzazione”.

Si è tenuta a Roma, presso il Centro Russo di Scienza e Cultura — meglio conosciuto come “Casa Russa” — la conferenza per il centenario delle associazioni di amicizia Italia–Russia.

Ad aprire i lavori è stata la padrona di casa, la dott.ssa Daria Pushkova, direttrice del suddetto istituto, che non ha mancato di ringraziare, e quindi coinvolgere ancora di più, tutte le associazioni che, nonostante i tempi difficili che stiamo vivendo, hanno continuato e intendono ancora “portare avanti i rapporti di collaborazione con la Federazione Russa nel segno del rispetto e del reciproco vantaggio”.

Numerosi i rappresentanti del mondo associazionistico presenti in sala, provenienti da diverse regioni italiane, tra cui Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Sardegna, Toscana, Umbria e Veneto. Organizzazioni che, con il loro lavoro, come ha sottolineato l’Ambasciatore della Federazione Russa in Italia, Alexey Paramonov, hanno “contribuito a sfatare la linea divisiva, contrastando tutte le manifestazioni di russofobia in Italia e favorendo la normalizzazione”.

Nonostante ciò, l’alto diplomatico russo si è chiesto, dinanzi alla nutrita platea, come sia stato possibile che negli ultimi tre anni “né l’Italia né l’Europa abbiano mai pensato di proporre una propria visione per la risoluzione della crisi che si è creata nel cuore del continente europeo, invece di allinearsi ai circoli più aggressivi dell’Occidente.

Stiamo dunque assistendo a una situazione paradossale,” ha continuato l’Ambasciatore, “in cui la Russia dialoga con gli Stati Uniti per un ritorno alla diplomazia e per la gestione delle emergenze, collaborando anche con gli americani su risoluzioni congiunte nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, mentre l’Unione Europea fa di tutto per metterci il bastone tra le ruote e bloccare il processo di pace”.

“Come se non bastasse”, ha aggiunto Paramonov, “in Europa si sta diffondendo la tesi secondo cui, dopo l’Ucraina, la Russia potrebbe — o addirittura vorrebbe — attaccare l’Europa. È una falsità tremenda, una bugia bella e buona! Il nostro Paese è sempre stato un centro di attrazione, un solido punto di riferimento morale per tutti coloro che hanno a cuore la pace, la giustizia, l’amicizia e la cooperazione. Tanto che, oggi, registriamo un certo flusso di persone provenienti dai Paesi occidentali che si trasferiscono in Russia per vivere e lavorare, deluse dall’Occidente.”

Valloreja - Paramonov

La Russia, d’altronde, non si è mai chiusa nei confronti di nessuno. È sempre pronta a spalancare le proprie porte a tutti coloro che arrivano animati da buoni sentimenti e spirito d’iniziativa. Prova ne è, proprio in questi giorni, il ritorno ad Ariston della proprietà della controllata russa, e di come il Cremlino sia disposto ad accogliere come sempre gli imprenditori italiani.

Forse, questo importante risultato è maturato anche grazie al lavoro di tutte le associazioni italiane amiche della Russia, che, con il loro impegno, nonostante una propaganda costante nel tentativo di fare il lavaggio del cervello alla popolazione, hanno contribuito a mantenere viva un’opinione pubblica italiana distante dalla narrativa dominante.

Mi auguro,” ha concluso l’Ambasciatore, “che il buon senso — sempre presente nelle nostre società, quella russa e quella italiana — riesca infine a prevalere, riportandoci così a rapporti normali e a una cooperazione edificante e proficua per entrambi i nostri Paesi.”

Tra gli intervenuti al convegno c’era anche il Presidente dell’Associazione degli Italiani Amici della Russia, il Dott. Lorenzo Valloreja, il quale, interloquendo con l’Ambasciatore, ha sottolineato come gli italiani siano stanchi del regime sanzionatorio imposto dall’UE alla Russia. Quest’ultimo, infatti, ha avuto un impatto negativo soprattutto sull’economia italiana che, volente o nolente, a seguito della politica dei dazi promossa dagli Stati Uniti, dovrà necessariamente rivolgersi verso nuovi mercati o riscoprire quelli storici.

Dal canto suo, l’Ambasciata ha riconfermato tutta la propria disponibilità a dare supporto morale a tutte le iniziative che rafforzino le relazioni tra Italia e Russia. Ecco perché Valloreja ha assicurato che, appena ci saranno le condizioni, in Abruzzo si terrà la II Giornata Regionale dell’Amicizia Italo-Russa.

Eccellentissimo Signor Presidente del Consiglio,

Tra pochi giorni sarà Natale e, inevitabilmente, come ad ogni celebrazione di questo Santo Anniversario, il cuore ed il pensiero di ogni singolo cittadino italiano sono rivolti verso la pace, affinché essa persista o si realizzi, tanto in famiglia quanto nel mondo.

Va tuttavia osservato, come diceva San Giovanni Paolo II, che “La pace non è semplicemente assenza di guerra, ma la presenza di una giustizia che può essere raggiunta solo con duro lavoro e perseveranza”.

Personalmente, al di là della ormai stucchevole e ripetitiva narrativa sull’aggredito e sull’aggressore, in questi mille giorni e più di guerra non mi sono mai scoraggiato nel sostenere che, con il passare del tempo, la pace sarebbe divenuta sempre più vicina. Questo perché gli elementi che ne ostacolavano il raggiungimento avevano, fortunatamente, i minuti contati.

Vorrei sottolineare, in questa mia riflessione, come l’Amministrazione Biden non solo abbia scelto il muro contro muro riguardo alla crisi ucraina, ma abbia anticipato questa posizione fin dai tempi dell’emergenza Covid. Il lancio del vaccino russo Sputnik V, infatti, fu percepito dagli americani come un’operazione di soft power da parte del Cremlino. Questo portò la Casa Bianca, prima, a sanzionare i centri di ricerca che avevano sviluppato il vaccino e, successivamente, a esercitare pressioni diplomatiche eccessive affinché nel blocco occidentale venissero distribuiti esclusivamente vaccini finanziati dagli Stati Uniti, come Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson.

In questo contesto si inserisce, a mio modesto parere, una delle vicende più controverse e tristi delle relazioni bilaterali tra Italia e Russia: l’“Operazione Dalla Russia con Amore”.

Tra il 22 e il 25 marzo 2020, in risposta alla richiesta d’aiuto del Governo Conte II e di varie associazioni italiane amiche della Russia (tra cui vi è anche quella che mi onoro di presiedere), il Presidente Putin inviò in Italia un imponente supporto umanitario. Attraverso ben 17 aerei, il Cremlino fece arrivare 106 operatori militari, tra epidemiologi e specialisti medici, oltre a ventilatori, mascherine, tute protettive e tamponi, materiali di cui il nostro Paese era, all’epoca, drammaticamente sprovvisto.

Eppure, il ringraziamento da parte di alcuni importanti giornali nazionali e di ampi settori politici si tradusse in una vergognosa quanto capziosa accusa di spionaggio. In altre parole, di fronte a un gesto di solidarietà straordinario, l’Italia ha letteralmente “morso la mano che la stava aiutando”.

Questa ingratitudine è stata ulteriormente aggravata da una successiva ondata di russofobia immotivata, manifestatasi dopo l’intervento russo nel Donbass nel 2022, attraverso azioni come:

  • Il sequestro dei beni di alcuni ricchi cittadini russi in Italia;
  • Il divieto di studiare autori e pensatori russi, come Tolstoj e Dostoevskij, in alcune università italiane;
  • Il boicottaggio di artisti russi;
  • L’assegNazione di Palazzo Ardinghelli, edificio sito in l’Aquila e restaurato grazie a un contributo di 7,2 milioni di euro donati da Mosca, per ospitare mostre di artisti ucraini.

Questi episodi possono essere definiti “contro natura” poiché non solo hanno danneggiato i nostri interessi economici (si pensi agli investimenti bilaterali persi), ma hanno anche leso la nostra posizione geopolitica, contribuendo al caos in Africa e in Medio Oriente. Soprattutto, però, vanno contro il legame storico e culturale tra Italia e Russia.

La Russia, infatti, non è solo una nostra amica: è una nostra sorella. Questo legame trova radici nei contributi straordinari di molti italiani allo sviluppo della Russia moderna: da architetti come Viotti e Rastrelli, a compositori come Salieri, matematici come Lagrange, pittori come De Nittis, esploratori come Miani e Nobile, fino a politici come Togliatti. Inoltre, i russi, pur non essendo latini, si sentono eredi della tradizione romana, tanto da considerare la loro capitale, Mosca, la “Terza Roma”.

Quest’ultima affermazione è tanto più vera se si considera che, come gli Stati Uniti, la Federazione Russa non è una semplice Nazione, ma un vero e proprio impero, con le proprie sfere d’influenza e pertinenze. Negare questo significa mentire, non a loro, ma a noi stessi.

Tuttavia, la Russia non ha mai avuto ambizioni di conquista dell’Europa. Certo, è vero: i loro eserciti marciarono fino a Parigi e in Italia, ma solo dopo che Napoleone era precedentemente arrivato a Mosca; e come vennero, così se ne andarono.

Negli ultimi 200 anni, invece, i pacifici italiani hanno invaso per ben tre volte la Russia:

  • Nel 1855, con la Guerra di Crimea;
  • Tra il 1919 e il 1920, supportando i bianchi nella Guerra Civile contro i bolscevichi;
  • Tra il 1941 e il 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, al fianco dell’alleato tedesco.

 

Quante volte la Russia ha invaso l’Italia? Zero.

Nello stesso arco temporale, gli inglesi hanno invaso la Russia due volte (nella Guerra di Crimea e durante la campagna contro i rossi), gli americani una volta (durante la Guerra Civile Sovietica), e i tedeschi un’infinità di volte. Persino durante la Guerra Civile Spagnola, la Russia di Stalin si guardò bene dall’intervenire.

Dunque, dove sarebbe tutta questa aggressività ed espansionismo della Russia? Specie oggi, quando il Paese conta a malapena 140 milioni di abitanti, sparsi su una superficie grande quanto un continente e mezzo, con meno di un quarto della popolazione in età da combattimento e quindi teoricamente disponibile?

Questa considerazione è tanto più vera se osserviamo quello che è successo ultimamente in Siria, dove l’esercito russo non ha potuto aiutare, come invece ottimamente ha fatto in passato il proprio alleato Bashar al-Assad, in quanto totalmente impegnato in Ucraina.

Carl von Clausewitz sosteneva che: “La guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi”, intendendo dire che la guerra non è un fenomeno isolato o fine a sé stessa, ma uno strumento al servizio di obiettivi politici, quando gli strumenti diplomatici o pacifici falliscono. Siamo dunque sicuri che la Russia abbia tutta la responsabilità su quanto è accaduto o stia accadendo in Ucraina? O molto più probabilmente, il Cremlino ha solo una parte di responsabilità, come anche noi occidentali ne abbiamo altrettanto?

Abbiamo fatto tutto quanto era possibile per la pace, come ci aveva invitato a fare il Santo Padre? Credo proprio di no...

L’Ungheria di Orban, nostro alleato in Europa e nella NATO, unitamente al Vaticano, così come la Turchia di Erdogan, altro importante componente dell’Alleanza Atlantica, sono stati gli unici Paesi che hanno cercato seriamente di trovare una soluzione diplomatica a questo conflitto, con grande evidente beneficio soprattutto per Ankara sia a livello economico che politico, e anche in termini di prestigio internazionale.

Tutti ormai sanno come, nell’aprile del 2022, quando era stata trovata faticosamente un’intesa di pace tra Mosca e Kiev, Boris Johnson, allora Primo Ministro britannico, sia intervenuto, dietro mandato degli Stati Uniti, per convincere Volodymyr Zelensky a non accettare le condizioni proposte per un cessate il fuoco, sostenendo che l’Occidente non era pronto a supportare un accordo che favorisse la Russia. Inoltre, la Gran Bretagna assicurò al Presidente ucraino un continuo supporto militare e finanziario da parte di tutto il blocco occidentale, rafforzando così la posizione di Kiev di resistere piuttosto che negoziare in quel momento.

Ebbene, nei successivi 30 mesi, quante persone sono morte dall’una come dall’altra parte? Se non lo sa, glielo dico io: più di mezzo milione di individui. E se questi sono i numeri sotto il profilo puramente demografico, i danni alle infrastrutture, siano esse abitative, produttive o logistiche, sono letteralmente incalcolabili.

Ma queste macerie non coprono solo il suolo ucraino; esse ammantano anche le nostre strade, le nostre periferie e ovunque in Italia si faccia fatica a vivere, perché, per sostenere l'Ucraina, tutti i contribuenti hanno sborsato fiumi di denaro per finanziare la guerra. L'Italia, nello specifico, ha contribuito con circa 660 milioni di dollari in aiuti militari, 310 milioni in aiuti economici e 50 milioni in assistenza umanitaria, senza contare gli effetti nefasti sull'economia interna, come la follia di abbandonare le forniture di Gazprom , che a noi costavano solo 27 euro per megawattora (€/MWh), a favore di quelle degli Stati Uniti e di altri Paesi nordafricani. Questi ultimi hanno fatto sì che i prezzi schizzassero, nei momenti di maggiore crisi, anche oltre i 292 €/MWh, cioè dieci volte di più rispetto a quanto pagavamo in passato. Un danno che si aggira intorno ai 200 miliardi di euro. Tutti soldi che si sarebbero potuti spendere, ad esempio, in sanità, nel rifacimento delle reti idriche, vere e proprie colabrodo nazionali, o in un'infinità di opere strategiche che mancano in questo Paese.

Ma se questa è stata la ricaduta sull’Italia, al vecchio continente non è andata meglio: i Paesi europei, infatti, hanno speso o impegnato oltre 1.000 miliardi di dollari, sia in termini diretti che indiretti, tra assistenza militare, economica e umanitaria.

E se vogliamo essere seri, e dirla tutta, questa è la principale ragione per cui gli attuali governi francese e inglese vorrebbero inviare le proprie truppe ufficiali in Ucraina: non per aiutare gli ucraini, ma nell’estremo tentativo di salvare il loro ingente investimento, costi quel che costi, anche a costo di far scoppiare la terza Guerra Mondiale.

D’altronde, i nostri amici anglo-francesi non sono nuovi a questo tipo di avventure; infatti, come dimenticare la Guerra di Suez del 1956, quando il peggio fu evitato solo grazie all’intervento degli Stati Uniti e dell’allora Unione Sovietica?

Allo stesso modo, il Presidente Biden, che ha gestito nel modo poc'anzi descritto tutta la crisi ucraina, non accetta la possibilità di una imminente chiusura del conflitto, sia per motivi economici nazionali (oltre 174 miliardi di dollari spesi dagli Stati Uniti), sia per interessi personali legati al figlio Hunter Biden, che per motivi di prestigio, poiché una condotta diametralmente opposta alla propria da parte di Donald Trump metterebbe in luce tutta l’opacità del proprio operato su questa vicenda. Ed è per questo che, in questi giorni, sta facendo di tutto per far saltare ogni spiraglio di dialogo, inviando fondi e mezzi contro ogni principio etico del buon passaggio di consegne.

La Russia è pronta alla pace, l’amministrazione Trump vuole la fine, e gli ucraini stessi, dopo due controffensive inutili e dispendiose, sono stanchi e demotivati; non ce la fanno più e la presenza dei nordcoreani nella regione (i nordcoreani sono ufficialmente alleati militarmente della Russia dall’estate del 2024, alla maniera della nostra vecchia “Triplice Alleanza”), così come il lancio del nuovo missile ipersonico “Oreshnik” da parte dei russi, o le ripetute minacce di utilizzo dell’arma atomica, non sono segnali da parte del Cremlino per inasprire la lotta o per continuare a combattere all’infinito, ma semmai per avvisare tutti, ora che la pace è più vicina, che nessun colpo di testa sarà tollerato e che nessun gesto irresponsabile o avventato sarà permesso. Infatti, lo stesso Presidente Putin, nel suo ultimo discorso alla Nazione, ha detto: “Abbiamo sempre preferito soluzioni pacifiche e siamo ancora pronti a risolvere tutte le controversie in questo modo. Eppure, non siamo meno pronti ad affrontare tutti i possibili sviluppi che potrebbero derivare dagli eventi in corso. E se qualcuno ne dubita ancora, si sbaglia di grosso. La Russia reagirà sempre.

Dunque, perché perseverare con le tensioni?

L’Italia e il mondo intero, dalla fine di questo conflitto, avrebbero solo da guadagnarci. Otto von Bismarck soleva dire che 'la politica è l’arte del possibile', ed io aggiungerei che ognuno è capace di costruirsi la migliore cornice possibile a seconda dei momenti storici che si profilano dinanzi a sé. E l’Italia, se vuole, ha davanti un roseo futuro come cerniera tra due mondi: quello atlantico e quello russo.

Trump ha intuito e compreso che non vi potrà mai essere contenimento della Cina finché la Russia sarà scaraventata tra le braccia di Pechino; ecco perché, ob torto collo, una nuova stagione di dialogo e collaborazione tra le due superpotenze è ormai alle porte. Il nuovo corso isolazionista degli Stati Uniti, unitamente ai problemi demografici dei russi, fa sì che ogni ulteriore partner e attore di questo dialogo sia chiamato a una propria assunzione di piena responsabilità e affidabilità, che comporterebbe anche una adeguata espansione della propria autonomia

Certo, per attuare tutto questo non ci vorranno settimane né mesi, ma anni; è necessario, se vogliamo riprendere a crescere e camminare.

La mia organizzazione, ad esempio, opera principalmente in Abruzzo, una terra che vive le preoccupazioni e le incertezze legate all’automotive, ed è per questo che anni fa cercai di portare investitori russi nella mia regione, per continuare a dare benessere e lavoro ai miei concittadini. Un percorso era stato avviato, e un ponte era stato costruito; il Covid prima, e la guerra poi, li hanno notevolmente danneggiati, ma oggi abbiamo un’occasione, Signor Presidente: quella di riprendere un cammino sospeso e, con noi, tutta la Nazione.

Abbia pertanto il coraggio e la forza di essere, Signor Presidente del Consiglio, non strumento di lotta della parte sconsiderata dell’Occidente, ma strumento di pace per il mondo intero.

A tal riguardo, voglio suggerirle di farsi promotrice di una conferenza di pace tra tutti gli attori in campo, Russia e Vaticano compresi, qui in Abruzzo, nella città di Ortona, poiché in essa, presso la cattedrale del paese, sono custodite le sacre ossa dell’Apostolo Tommaso, reliquia quanto mai cara non solo ai cattolici, ma anche e soprattutto agli ortodossi. La città di Ortona, poi, è conosciuta da tutti gli storici del mondo come la 'Piccola Stalingrado d’Italia', in quanto lungo le proprie strade si combatté, tra le truppe tedesche e alleate, una delle battaglie più sanguinose e feroci di tutta la Seconda Guerra Mondiale.

Insomma, nella terra di Celestino V c'è una città martire dal grande significato simbolico che potrebbe fungere da ponte e non da palizzata.

Noi, come tutti gli uomini di buona volontà, attendiamo fiduciosi, poiché, come affermò Pio XII: “Tutto è perduto con la guerra, nulla è perduto con la pace”, specialmente con l’avvicinarsi del Santo Natale. Auguro a Lei, a tutti i suoi cari e alla Nazione intera ogni bene e prosperità, nell'ottica della pace e della concordia.

il Presidente

1

Nel giorno di #SanFrancescodAssisi, noi dell'Associazione degli Italiani Amici della Russia ci affidiamo all'intercessione del #Patrono d'#Italia. Che, come nel suo incontro con il Sultano #AlMalikAlKamil, possa ispirare #pace nei cuori e salvarci dal disastro che l'umanità sembra affrontare con tanta rassegnazione.

#Dialogo #Guerra

1

L'Associazione degli Italiani Amici della Russia esprime tutto il proprio cordoglio        e vicinanza ai parenti delle vittime del grave attentato terroristico occorso al "Crocus City Hall" di Krasnogorsk consapevoli del fato che le autorità russe sapranno dare giustizia a tutti costoro.

1

Sono a dir poco ridicole e puerili le dichiarazioni di Washington riguardo ai risultati delle elezioni presidenziali in Russia.

Infatti, piaccia o non piaccia, alle urne, anche nelle zone devastate dal conflitto, si sono recati all’incirca il 73% degli aventi diritto, mentre qui in Occidente, Stati Uniti compresi, un elettore su 2 non va a votare.

Si pensi solo che alle scorse presidenziali del 2018, cioè prima dell’inizio della cosiddetta “Operazione Speciale”, a votare sono andati il 67,54% dei cittadini aventi diritto, i quali, a loro volta, hanno potuto dirigere le proprie preferenze su tre candidati disponibili.

Oggi, invece, i candidati erano addirittura quattro, uno più della scorsa volta.

Certo, ci sono state anche proteste, cioè chi ha scritto insulti sulle schede, o ha buttato l’inchiostro nelle urne, o ha intasato i seggi a mezzogiorno con code interminabili, ma questo, se non erro, succede anche da noi.

Quante volte gli scrutatori, aprendo una scheda in Italia, non si saranno ritrovati in mano la classica fetta di salame con su scritto: “Vi siete mangiati tutto? Allora, tjé! Mangiatevi pure questa”? Così come si saranno imbattuti nel classico cittadino che si rifiuta di ritirare la scheda e chiede che venga messo a verbale.

Ma questo, è evidente, non certifica in alcun modo  che il sistema sia già bello e che morto.

Semplicemente vuol dire che c’è della gente che dissente, come è giusto che sia in ogni Paese dove è garantito il diritto di voto.

Hai voglia dunque a gridare che in Russia le elezioni: “non sono ovviamente né libere né giuste”, anche perché, sempre secondo questi detrattori: “con il voto elettronico Putin ha avuto mano libera per falsare facilmente il risultato”, quando, per altre elezioni presidenziali, quelle si falsate, c’è chi come Ashley Babbitt – sostenitrice di Trump e veterana dell’Air Force, di 35 anni d’età – durante l’assalto a “Capitol Hill”, fu freddata, come se niente fosse, da un colpo sparato alla faccia da un poliziotto.

 

Con l’approssimarsi del Nuovo Anno e il compimento della Natività Ortodossa, auguriamo a tutti i nostri amici russi uno splendido 2024 ed un futuro di pace che siamo certi presto giungerà per tutti gli uomini di buona volontà, ricongiungendo nuovamente i nostri popoli come e anche più del passato.

Il Presidente

Lorenzo Valloreja